lunedì 18 ottobre 2010

Letto per voi. La piccola Chartreuse

C'è una piccola macchia rossa fuori dal portone della scuola, un fagottino che si intravede appena in un pomeriggio invernale infreddolito dalla pioggia e dalla solitudine. Eva ha dieci anni e non le appartengono le grida gioiose degli altri bambini, quei compagni di scuola che compagni non sono perché lei non li conosce. Non ha avuto tempo, Eva, di fare amicizia con nessuno e forse, non ne ha avuto neppure voglia. Da poco arrivata in quella città senza nome, della quale sappiamo solo trovarsi ai piedi della Chartreuse, la montagna imponente e maestosa che domina la piccola umanità ai suoi piedi, Eva è colma di una solitudine inquieta, sottile, appena attenuata dalla certezza che di lì a poco avrà anche lei una mano in cui infilare la propria, una guancia su cui posare un bacio umido di pioggia. Da quando si sono trasferite in quella città la madre di Eva sembra vivere in un tempo proprio, rallentato, vago, nel quale diventa impossibile, ogni giorno, arrivare in orario dalla figlia che la attende. Eva aspetta.
È preoccupata, questo sì, ma sa che questa madre poco puntuale, così diversa dalle altre, infine le si presenterà davanti, trafelata, ma assente, sulle labbra un sorriso colmo di indulgenza per se stessa.
Ma quel giorno la preoccupazione cresce, il malessere si fa sempre più insistente, la certezza pian piano si allontana fino a scomparire del tutto, fino a far sentire lei stessa come se fosse invisibile. Eva si muove senza direzione, sa che non sarà in grado di tornare a casa da sola, ma nonostante tutto corre a perdifiato e d'improvviso attraversa la strada senza guardare, con l'ostinazione e il coraggio di chi sa di non esistere per nessuno. È solo un attimo. Etienne Vollard vede appena quella giacca a vento rossa che si schianta contro il suo furgone carico di libri. Subito dopo il corpo della bambina è steso a terra, completamente inerte.
Potrebbe essere una storia come tante, La piccola Chartreuse, un romanzo in cui, ancora una volta, si parla di infanzia trascurata, ignorata, violata. Invece è a partire da questo momento che il filosofo francese Pierre Peju comincia a tessere la trama sottile delle vite dei suoi personaggi compiendo, attraverso un romanzo bellissimo che si legge come una poesia, una delicata analisi del "male di vivere". Eva, sua madre e il libraio Vollard sono tutti accomunati da una vita trascorsa in solitudine, da un rifiuto categorico di vivere, di affrontare il mondo. Il prepotente bisogno della bambina di essere salvata da un coma che potrebbe durare per sempre, rappresenta l'unica possibilità di salvezza per i due adulti che tanto tempo prima hanno deciso di chiudere la porta alla vita e rifugiarsi tra le pareti sicure del proprio io. Ma poiché non è possibile rifiutarsi completamente di vivere, Vollard trascorre i suoi anni all'interno di altre storie, di altre esistenze, attraverso l'ossessione per la lettura che è diventata un surrogato di vita, un modo per stare a guardare in disparte ciò che succede fuori da lui. Anche Thérèse, la madre di Eva, fugge da una realtà che non le piace, scappa ogni mattina da un luogo all'altro, in auto o in treno, per mettere quanti più chilometri possibile tra lei e quella figlia che da lei dipende completamente, costante memoria di responsabilità inaccettabili e spaventose. Il senso di colpa non è sufficiente per Thérèse, che lascia sia Vollard ad occuparsi della sua bambina. Lui lo fa nel solo modo che conosce, mettendo per una volta a frutto quella memoria prodigiosa che lo accompagna sin da quando, bambino, veniva deriso dai compagni di scuola. Se le storie sono state il suo rifugio, ora quelle stesse storie saranno la melodia che accompagnerà Eva fuori dal buio del suo coma. Vollard recita a memoria, sfoglia le pagine di un libro infinito che esiste solo nella sua mente e racconta senza mai fermarsi, senza chiedersi se le sue storie serviranno a qualcosa, fiducioso nella potenza delle parole che per lui sono l'unica ragione di vita.
È un romanzo fatto di domande, questo, più che di risposte. Domande che rimandano ai mille perché della vita, al terrore dell'abbandono che si scontra con l'incapacità di mantenersi in relazione con il mondo. E il finale voluto da Peju, addirittura lirico nella sua tragicità, si riveste di una commozione niente affatto gratuita, ma necessaria a fornire, infine, ai tre protagonisti l'unico momento di riscatto interiore.

http://www.bol.it/libri/La-piccola-Chartreuse/Pierre-Peju/ea978885450110/

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